Io, Francesca

Nel 2001 avevo sedic'anni e, da qualche parte, il mondo stava cambiando. I computer, i telefoni cellulari, i videogiochi, la tecnologia sembrava che in poco avrebbe conquistato qualcosa, di preciso non si sapeva cosa, ma qualcuno lo sapeva che sarebbe successo, solo questione di tempo -- tutto cambiava nelle città, si dice New York si dice Berlino si dice Hong Kong ma attorno a me tutto veniva in ritardo, e il due settembre l'ultimo temporale estivo che si abbatte sul mio paesino di provincia ritinteggia il cielo nel tramonto grigiorosso che vedevamo stagliarsi sulle case popolari di via Berlinguer. Quel giorno che io e Francesca siamo stati sorpresi dalla pioggia, e ci siamo riparati sotto un porticato della chiesa aspettando che finisse e poi camminando verso casa, mano nella mano, attraverso le piazzette cementate e i campi da basket senza le retine al canestro, le pozze d'acqua sulle strade asfaltate che tanto non viene nessuno di lì, e l'aria che preannunciava l'autunno e in lontananza qualche palazzo più alto che forse era Milano o forse no. Francesca la conoscevo dalle medie, eravamo in classe insieme; non era la ragazza che avevo accanto in quel 2001, a ripensarci, ma ero già innamorato di lei, bellissima. Finiti gli esami, un giorno di sole, l'ho presa per mano e l'ho portata lontano, fuori dal paese, dove c'era un laghetto che era più una pozzanghera e lì seduti in mezzo alle industrie e ai casermoni glielo dissi, era la mia promessa che ce ne saremmo andati via da quel posto dimenticato dal mondo. Le notti passate sotto i lampioni a vedere le luci della città, l'odore di zolfo, sfrecciamo in bici accanto agli stabilimenti che Dio solo sa cosa succede là dentro, e poi un bacio quando la notte si rischiara appoggiati ad un muro tutt'intorno nessuno la solitudine nella provincia e la nostra solitudine. L'undici settembre soli a casa mia abbiamo fatto l'amore mentre la gente moriva di là dell'oceano. Mentre si faceva la storia, le storie nostre mia e di Francesca si intersecavano di nuovo-- quando abbiamo acceso la tv eravamo ancora sul letto, abbracciati, e quando abbiamo capito cosa stava succedendo ci è corso un brivido, quel momento avrebbe cambiato tutto - lamiere fuse - e quel momento non avrei voluto passarlo che con lei. Si mise a piangere, ma non capivamo davvero quanto fosse enorme quell'evento; cosa significavano davvero quelle torri che venivano giù, quando là fuori dalla finestra c'erano delle ciminiere che sputavano fumo nero e catramoso e la gente si dimenticava come vivere? Significava comunque molto. E per questo che la strinsi più forte a me, perché potesse sentire che anche in certi momenti impossibili io sarei stato con lei, e che se anche il mondo fosse cambiato io non me ne sarei mai andato, mai -- via Berlinguer la sera è sempre deserta, ma quella sera io e Francesca, camminando mano nella mano attraverso il cemento e le strade infinite, abbiamo visto due ragazzi che forse avevano appena iniziato le superiori, lei lo portava dritto in direzione di quella pozzanghera e mentre andavano si diedero un bacio; poi via, spariti nell'immenso buio della provincia che inghiotte e uccide ma che, io e Francesca lo capimmo quel giorno, in ogni caso, non cambierà mai.