Se le convinzioni ci fottono ma ci sono indispensabili
2016-01-05
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NB: ho scritto questo post più o meno di getto, come sempre, e mi sono accorto di essere sceso in alcuni punti al terzo livello di parentesi che quasi sembra uno script in LISP, per questo ho deciso di colorare le frasi in modo da rendere un po' più comprensibili alcune parti. Ora le Frequently Asked Question (FAQ):

A: no

Quando parlo di script in LISP mi riferisco a QUESTO
Quando parlo di script in LISP mi riferisco a QUESTO


 

No, non sarà un post sulla libertà dell'internet o su Richard Stallman o su Snowden o altri eroi contemporanei, ma su qualcosa di più quotidiano, qualcosa che mi ha sempre lasciato perplesso e che da uno-due anni mi ha fatto ricredere su molte, molte cose. Riguarda la convinzione, e un po' io credo riguarda anche l'approccio alla vita che ognuno di noi ha, qualcosa su cui credo di sbagliare ma che non so come aggiustare...

Partirò da una considerazione buffa che però mi ha sempre colpito "da piccolo" (parlo più o meno di due-tre anni prima di quando ho iniziato a scrivere su questo blog e avrò avuto quindi circa 8-9 anni o così). Ho sempre avuto un debole per la politica, mi ricordo che alle elementari io e un mio compagno facevamo le caricature dei politici e le appendavamo in classe e tutti oooooh che bei disegni bravo matteo e io gne gne grazie gne (perché ero ancora piccolo) e quindi direi che già in tenera età il mio rapporto con la politica era ecco piuttosto solido (giusto, dico sinceramente, un gradino sotto per qualità a quello che ho attualmente, ma fra poco ci arrivo e dico perché quindi calma!!!!). E mi ricordo che quando avevo quindi insomma l'età per andare alle elementari io e il mio compagno eravamo terrorizzati (ok forse esagero) dai COMUNISTI perché c'era Berlusconi che non faceva altro che ripetere cose sui comunisti e ok quando iniziò negli anni 80 poteva anche avere senso ma in questi anni dieci che senso haaaaaaa vabbe comunque FACEVA STRA PAURA e quindi io e lui (il mio compagno, non Berlusconi) abbiamo passato quella fase già di per sé difficile della vita (l'ottavo anno di età) con la sensazione che questi strani e misteriosi comunisti fossero il male e se dovevamo insultare qualche nostro amico allora dicevamo "ma sei scemo o mangi sassi???????", utilizzavamo l'arguto stratagemma dello "Specchio riflesso [la parola va nel cesso]" oppure davamo del comunista al povero fanciullo allora ignaro, probabilmente, di tutto. Così ho passato la mia infanzia, cioè, non è che ogni minuto avevo la paura costante dei comunisti perché avevo un sacco di altre cose a cui pensare (?) però sono cresciuto con questa idea che mi è rimasta impressa fin da piccolo e ora mi serve mi serve parlarne ma per un motivo diverso: perché non approfondiamo la fenomenologia del comunismo secondo Berlusconi?

No perché io la ritengo un po' buffa in realtà. Poi di Berlusconi si può dire di tutto, che è sempre stato un mago in politica estera (non mi esprimo) che tutto sommato tutti sono andati a troie almeno una volta (va bene) ecc ecc però con questa storia dei comunisti, francamente, sembra che viva ai limiti della paranoia clinicamente riconosciuta - voglio dire è innegabile che dei comunisti, oggi, in Italia, anche vicino a noi, esistano, sono persone come tutte le altre e spesso non le riconosci, così come è innegabile che esistano un sacco di fascisti oggi in Italia ("un sacco", ovviamente, da intendersi in senso relativo) che però di solito sono più riconoscibili (anche se di recente ho visto almeno due persone indossare una maglietta con l'effige di Che Guevara e sono rimasto tipo ah) e più attivi. Così come io (sbagliando? who knows) credo che sia giusto lottare contro i fascisti di oggi (in una lotta come la intenderebbe, ovviamente, il Pertini: non trovo la fonte originale, ma diceva più o meno che la lotta si fa sempre con le idee, con le parole, con l'animo, con l'intelligenza, ma mai mai mai mai (lui che visse la sua giovinezza in carcere durante il fascismo e che poi si indignò di fronte alla violenza cieca della gente a Piazzale Loreto, io davvero non so come diamine faccia uno ad essere così retto e a seguire sempre così scrupolosamente i propri principi) con la violenza, per poi concludere citando Voltaire che poi non era lui ma fa niente: "Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente"), probabilmente è giusto per Berlusconi combattere i comunisti oggi.

Siamo tutti d'accordo, è una cazzata (per due motivi: 1. io finisco sempre per ricadere nell'inganno che ogni frase costruita sul tipo: se (una persona) fa (qualcosa), allora (un'altra persona) è giusto che faccia (qualcosa di omologo al "qualcosa" di prima); noto però che non sono l'unico a ricadere in questo errore, e quindi me lo scrivo qui in mezzo a questo wall of text giusto per ricordarmelo: I PARALLELISMI (come le metafore e come le simmetrie) SONO PERICOLOSI. Perché 2. la maggior parte (sottolineo) delle persone che conosco e che si proclamano comunisti (per carità, mai vorrei trarre conclusioni generali da un'osservazione particolare! ma credo di essere approssimativamente nel giusto, essendo stato per qualche tempo nell'ambiente e avendo visto come stanno le cose oggigiorno) non sono certo stalinisti o maoisti o leninisti, sono persone che hanno a cuore le altre persone, gli operai i lavoratori normali gli omosessuali gli eterosessuali gli emarginati di tutte le specie e che vedono nel capitalismo qualcosa di sbagliato, di disumano, ma che mai compierebbero atti violenti contro altre persone, mai propongono l'uso delle armi (forse il comunismo è stato un po' rimescolato ecco dal crollo della urss è vero ma d'altronde ci sono taaalmente tante fazioni all'interno di questo ormai etereo movimento comunista che non ha nemmeno più senso, secondo me, parlare di comunismo; ma questa sarebbe una storia a sé)); ma, voglio dire, lui ci crede! Ci crede fermamente!

Ci crede davvero? Voglio dire, Berlusconi non è uno stupido, magari era solo una sua mossa elettorale. Certo, se cerco su google la stringa "ma allora i giudici sono comunisti" appaiono due articoli de il giornale e poi poco altro: se lo pensasse davvero, diciamo che in ogni caso non sarebbe il solo - ammettiamo comunque che lui ci creda veramente al complotto comunista ecc io mi chiedo (è questo il punto a cui volevo arrivare fin dall'inizio): ma non ne dubita mai? Come fa ad esserne così sicuro? Non si è mai posto la questione che magari le cose non stanno davvero così?

Ecco, il dramma è proprio questo. Ma perché ci convinciamo così facilmente? Io - giuro - credo che pochissimi al mondo possano dire e provare di non essere convinti di qualcosa. Ed è una cosa quasi inevitabile direi, non avere verità o certezze porterebbe chiunque ad impazzire. Il problema, come dice Zona MC in Morphing:

e io che mi lamentavo di non avere nemici solo perché dimenticavo che sono nascosti nell'ultimo posto dove guarderesti, come dietro ai dogmi che erigi
è che è proprio dietro ai dogmi che erigi che non guardi mai, ed è proprio lì che nascono i nostri sbagli. È lo stesso dramma di Uno nessuno centomila di Pirandello, con una differenza: il Moscarda ha riconosciuto di avere il naso pendente da un lato, noi (o almeno, io) non ce ne accorgiamo nemmeno. Ed è inquietante, perché gli errori maggiori che vengono fuori da tutto ciò portano all'ideologia acritica, portano a diventare tifosi delle nostre idee non necessariamente corrette.

Tifosi? Mentre lo scrivevo pensavo alla politica, ma c'è qualcosa di ancora più deprimente a pensarci, ovvero quando il ragionamento qui sopra condiziona la nostra vita privata - ne parlo perché è un fatto che ho riscontrato in una mia amica e che probabilmente la sta distruggendo e lei non se ne rende conto. D'accordo, di solito quando si inizia un discorso in questo modo si stanno per dire un po' di cazzate, ma sono ben sicuro che questo non sia il caso. Avete presente quelle storie che si sentono sempre a studio aperto del tipo violenza sulle donne le donne non si ribellano ecc ecc; ecco, io so che lei sta vivendo qualcosa di molto simile; ma non vi siete mai chiesti perché nessuna reagisca mai? Paura, forse. Ma certe volte è anche vero che uno è super accecato dall'amore che non capisce, non capisce che certe cose fanno più male che bene e si finisce per soffrire senza neppure accorgersene ed è un casino, dico davvero, credo che più o meno tutti noi abbiano vissuto qualcosa di simile (spero per tutti che fossero situazioni meno drammatiche che per la mia amica, però), e più o meno tutti possano capire, con le dovute proporzioni, che situazione di merda è scegliere tra un male costante giornaliero ma moderato e un male enorme, insopportabile che ti colpisce tutto in una volta epperò poi, forse, se ne va del tutto - allo stesso modo certe volte si ha mega paura del futuro e avere qualcuno accanto che pure ci fa male ma che ci dà una certezza ci convince a rimanere nello status quo, rimanere come siamo già.

E pensavo che se finora ho parlato delle situazioni più negative che vengono dalle convinzioni ora dico che senza convinzioni non si riesce ad andare avanti. Mi viene un esempio, che ora mi preoccupa poco e che magari non significherà nulla in futuro, ma che forse è necessario dire: quando la tradizione anti-fascista e/o partigiana scomparirà dall'Italia per ragioni anagrafiche, quando si sarà persa la memoria storica, quando si perderà gradualmente la forza propulsiva e ideologica delle lotte contro l'estremismo di destra (fascista e non), che cosa rimarrà di tutto ciò? Forse si aprirebbe una fase in cui quelle idee verrebbero rivalutate in meglio, in cui si direbbe "mah si fascismo insomma alla fine non era poi mica tanto male" e cosa ancora più grave (in fondo rivalutare il fascismo si è sempre fatto in passato (fa impressione sentire quello che diceva Almirante negli anni '60 o '70 (ma probabilmente anche in altre epoche non ha mai detto nulla di molto diverso))  e si fa tutt'ora (casapau, fan irregolari della lega, tutti quei gruppi o gruppetti studenteschi tipo lotta studentesca)) non ci sarebbe NESSUNO a ricordare la guerra i carceri le torture l'assenza di libertà, nessuno a citare Pertini o Calamandrei, nessuno a mostrare i numeri dei morti per il fascismo. Non ci sarà più nessuno che vorrà controbattere alle idiozie mistificatrici di forza nuova o chi per essa. Ed ecco che la convinzione, sincera, non certo acritica ma certamente appassionata della causa anti-fascista (e anti-"post-fascista", e quando leggo di qualcuno che si definisce post-fascista non possono non venirmi in mente le parole di Lindo Ferretti in Svegliami

[...] qualcuno ha l'AIDS qualcuno ha il pre- qualcuno ha il post- senza essere mai stato niente / NIENTEEEEEEEEE

) è una convinzione senza la quale non si può vivere.

"42 fucilati nel ventennio su sentenza del Tribunale Speciale. Coloro che subirono 28.000 anni di carcere e confino politico. Gli 80.000 libici sradicati dal Gebel con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani. I 700.000 abissini barbaramente uccisi nel corso della impresa Etiopica e nelle successive "operazioni di polizia". I combattenti antifascisti caduti nella guerra di Spagna. I 350.000 militari e ufficiali italiani caduti o dispersi nella Seconda Guerra mondiale. I combattenti degli eserciti avversari ed i civili che soffrirono e morirono per le aggressioni fasciste. I 45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno. I 640.000 internati militari nei lager tedeschi di cui 40.000 deceduti ed i 600.000 e più prigionieri di guerra italiani che languirono per anni rinchiusi tra i reticolati, in tutte le parti del mondo. I 110.000 caduti nella Lotta di Liberazione in Italia e all'estero." Ora seguite lotta studentesca su instagram, se vi va.

Oppure ancora: se mai un giorno dovessimo smetterla di farci la guerra l'un l'altro, se per un po' dimenticheremo cosa significa combattere e vivere sulla propria pelle una guerra, probabilmente in futuro sarà più facile convincerci che la guerra è bella, la guerra è necessaria; se ci si pensa, prima della prima guerra mondiale tutti erano entusiasti, ma quanti nel 1918 erano egualmente contenti di combattere? Quanti divennero pacifisti dopo quel conflitto, e dopo tutti gli altri? Penso a Ungaretti, a Brecht. Ma anche molte persone comuni avrebbero voluto (com'è sempre stato!) che una guerra come quella non accadesse mai più. Cosa è mancato 20 anni dopo? Probabilmente, la possibilità di manifestare contro una guerra; unita, forse, in quei paesi in cui questa possibilità c'era, al calare della convinzione che il pacifismo fosse un ideale giusto per cui battersi.

Ciò che voglio dire, detto in breve e senza giri di parole, è questo: senza convinzioni non si va da nessuna parte; il dubbio, lo scetticismo, sono parti fondamentali nel processo di comprensione della realtà, ma non devono mai veramente prendere il sopravvento. Al contempo, però, le convinzioni ci accecano e nel lungo termine finiscono per farci comportare in modo irrazionale.

Le domande cui ho ancora da rispondermi sono due: "finiscono per farci comportare in modo irrazionale" rispetto a quale punto di riferimento? e: come superare questa impasse?

Riguardo alla prima domanda, ammetto che ci sia un circolo vizioso: perché un punto di riferimento non c'è veramente, non sarebbe univoco e non sarebbe (chiaramente) oggettivo. Ed è proprio qui che il mio ragionamento, prettamente teorico, non riesce ad andare oltre, che tutto quello che ho scritto fin'ora sembra cadere. Ma è una cosa, questa, di cui sono bene a conoscenza, perché quelle che ho descritto sono situazioni pratiche. In teoria, il metodo per discernere se, ad esempio, una notizia è veritiera, è più o meno questo: il primo passo è mostrarsi scettici, il secondo analizzare le fonti e trovare conferme in dati quanto più oggettivi, terzo confermare o smentire la notizia. Facile, veloce, indolore, no? ma c'è un problema, un problema enorme come una casa (enorme) nel secondo punto: cerchiamo conferme nei dati oggettivi! Ovvero: cerchiamo ciò che vogliamo trovare, vediamo solo ciò che vogliamo vedere... e siamo bravissimi; sappiamo (possono confermarlo tutti dalle prime lezioni di psicologia che si impartiscono alle prove empiriche che chiunque può ottenere con degli """esperimenti sociali""") facilmente dare due spiegazioni opposte a giustificare gli stessi dati (succede di continuo). W.V.O. Quine d'altronde dimostrò che possono esistere interpretazioni diversissime, tutte logicamente corrette, che possono accordarsi con una serie di dati; la mera assenza di non senso non è sufficiente a render vera una cosa. [queste ultime due frasi sono tratte più o meno fedelmente da Il Cigno Nero di N.N.T] La differenza tra pratica e teoria è tutta qui: quando anche ci proponiamo di analizzare una notizia o la veridicità di un'affermazione, per quanto possiamo partire con le massime intenzioni di voler essere obbiettivi siamo sempre, inconsapevolmente, influenzati dal nostro background. Non ci possiamo far nulla, è più forte di noi; non escludo che sia possibile liberarsi da qualsiasi convinzione pregressa, ma credo semplicemente che sia una cosa veramente troppo complicata, e comunque impossibile da portare avanti in maniera regolare. Non possiamo ragionare liberi da ogni schema pregresso.

Quindi non c'è soluzione? Sì, non c'è una soluzione univoca a tutto ciò. Si può fare qualcosa in questa direzione, tuttavia: innanzitutto, proporsi di essere obiettivi; questo è il primo punto, cercare di esserlo ma senza infine perderci troppo la testa (quando dicono che la crisi personale è un eccesso di lucidità, beh, forse è solo un passo necessario per cambiare una delle nostre convinzioni più radicate: "i cambiamenti strutturali sono lenti e graduali" dice il già citato Zona MC; se si lascia sempre aperta la porticina del dubbio, se si vive con la convinzione che il cambiamento non è il male, forse diventa più facile nel lungo termine ammettere i propri errori e cambiare, migliorare, ma ripeto: riconoscere che un assunto che ritenevamo fondamentale è sbagliato necessita di molto, molto tempo; e soprattutto: non è necessario che tutti i nostri "assiomi" cambino: queste sono le convinzioni ultime di cui sto per parlare).

In secondo luogo, bisogna fare un po' di introspezione. Capire quali sono i nostri propri personali assiomi dai quali, a prescindere da tutto, non possiamo staccarci; cose molto generali, tipo: "ama e poi fai ciò che vuoi", "la violenza va rifiutata categoricamente", "il latino è inutile"... da qui, confrontarsi con la realtà e osservare se le nostre azioni seguono questi nostri imperativi morali; tenendo sempre presente che le risposte semplici sono sempre efficaci, ma spesso sono anche semplicistiche; tenendo presente che la verità, se ne esiste una, non è necessariamente "bianca" o "nera", ma può essere anche "grigia" o "marrone cacca" o "verde vomito di bambino"; e se devo dire il mio di imperativo categorico, battiamoci sempre per la libertà, la libertà personale (la nostra vita deve appartenere solo a noi stessi, noi soli dobbiamo essere per quanto possibile artefici del nostro destino, delle nostre scelte!) e la libertà delle altre persone. Battiamoci sempre affinché tutti possano esprimere liberamente la loro opinione, anche se diversa dalla nostra; battiamoci sempre contro coloro i quali, dietro discorsi belli tondi e ragionevoli, infine questa libertà la vogliono ridurre o abbattere; battiamoci sempre per la felicità, che se proprio ci è toccato di vivere in questo mondo dobbiamo far sì che noi e tutti quelli che ci stanno intorno possano passare la loro vita serenamente.

Sembrerà semplicistica come conclusione, forse è banale, ma non riesco a pensare un modo in cui la si possa contraddire. È il mio teorema e ora come ora non vedo come potrei revisionarlo, disconoscerlo, rifiutarlo.

I miei tre imperativi morali: "Ama, e fa' ciò che vuoi" (s.Agostino), "La libertà, prima di tutto", "Sii felice insieme con gli altri". Non dico di essere sempre in grado di rispettarli tutti e tre, ma ce la metto tutta affinché le mie azioni siano giustificate da questi tre miei personalissimi assiomi. Magari, un giorno, sarò cosciente di essere riuscito in questo mio difficile compito.