Questa nostalgia che non se ne va, nella notte più bella d'europa
2015-07-15
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Qua e di là del muro, l’Europa persa in trance In Alexanderplatz, come in Piazza del Duomo L’Europa persa in trance ultimamente, i miei amici anche I miei amici anche, sotto la NATO o il Patto di Varsavia

In questa lunga notte di trasmissioni televisive e maratone su la7 (nessuno si è mai davvero complimentato con la prostata di Enrico Mentana, comunque) ci si trova tutti confrontandosi con i risultati definitivi del referendum che molti, forse fraintendendo, vorrebbero dire radicale, antieuro, antisistema, ma che probabilmente è "soltanto" storico e tale resterà per qualche giorno (o forse più), prevalentemente per il fatto che vi si chiedeva di approvare o meno un nuovo piano di misure d'austerità, non già la permanenza o meno nell'euro. Ma è chiaro, la stampa (che pure tra mille ambiguità mi è parsa schierata leggermente verso il NO) carica di mille significati, che pur forse esistono, questo referendum, e si sprecano i titoloni sul tipo laddove è nata la democrazia rinasce ora di nuovo la stessa, atene vota no all'euro, eccetera, eccetera. Qual è il mio punto di vista? Che cosa voglio dire in fondo? Che il problema della società contemporanea e forsanche di un po' tutte le società fin'ora esistite è la spiccata tendenza all'individualismo quando invece la strada da percorrere dovrebbe essere cercare la reciproca collaborazione, aiutarsi, sostenersi a vicenda - che sono in realtà i presupposti dell'Europa politica, almeno in quei gruppi non anti-europeisti; ma dove avviene il cortocircuito allora? Le parole qui cadono nel vuoto, non tanto perché non vi siano risposte ma perché ce ne sono anche troppe. L'europa, cantava Lindo Ferretti ai tempi dei CCCP, è persa in trance ultimamente, ma non è di questo che vorrei parlare perché per un po' vorrei parlare di me, di ciò che mi sta accadendo e del perché mi incazzo così spesso in questi giorni e dimentico le cose, forse che anche io sia perso in trance ultimamente? Fossi perso in trance penserei a qualcosa o forse sarei semplicemente catatonico e invece mi trovo ad essere nel mezzo, mentre sono in pullman senza cuffie a guardare fuori dal finestrino a controllare i miei tic, che mi sta succedendo ma vedrai che passa - sarà una mia fissa o qualcosa, ma che non riesca a parlare di me più qui non so... anche un anno esatto fa era così, posso essere banale, sarà il caldo! ma no non penso che sia il caldo, forse non solo questo, ho questa sottile paura di perdere ciò che non è mai stato e nemmeno voglio che mai sia "mio". Litigo troppo spesso, cerco l'alterco, come in quel film di Nanni Moretti e sono il contrario di ciò che in generale propongo di essere: anti-individualistici ed è la mia disgrazia questa, o forse sto falsificando tutto e nel ricercare cause e concause del perché sono qui, così, mi invento cose che non esistono solo per la fretta di trovare risposte o per trovare qualcosa su cui scrivere, il che è preoccupante perché in linea pratica questo non fa altro che allontanarmi mooolto gradualmente dal conoscere me stesso e pertanto dalla capacità di autocontrollo che posso esercitare su me stesso. Apotropaico. Eppure ci ripensavo questa notte, la notte più bella d'Europa, perché sono così egocentrico, perché a periodi tendo ad isolarmi? E sono arrivato alla conclusione che non riesco a concentrarmi seriamente su più di una cosa per volta, che non riesco a conciliare la ricerca del mio io e al contempo sostenere l'immagine pubblica che do di me, che poi ora mi chiedo davvero mi sforzo così tanto per dare una "certa" idea di me stesso? O è solo una mia finzione mentale che ho consolidato col tempo, c'è qualcosa oltre queste parole che solo ora mi sembrano molto più vuote di quando le ripeto, di solito? Forse c'entra anche il mio desiderio di primeggiare unito alla mia incapacità a farlo... Ecco, forse questo, vorrei essere il più bravo, il migliore, ma non riuscendoci mi riduco a stare da solo, nel mio mondo, sapendo che almeno in esso nessuno potrà essere migliore di me, e  così si spiegherebbe la mia tendenza alla solitudine e all'auto-contemplazione (cioè alla cura di sé) , eppure... Forse quella che sto per scrivere è un'idiozia che mi sto inventando, e ora inizio a notare che potrei starmi inventando un sacco di cose sul mio conto per apparire in qualche modo comprensibile e meno sfottibile (che schifo di parola) e dovrei iniziare a ragionare su questo, ma sento l'esigenza di tornare indietro alle origini di qualcosa, alla ricerca di un luogo in cui il tempo si sia fermato a quel momento che ricerco, e in questo senso la scoperta di oggi dell'esistenza del Monte Athos in Grecia mi invoglia a ricercare questa non-cosa all'interno di antichi monasteri ortodossi, ambientazione magnifica per andare alla ricerca di qualcosa - da sempre ho follemente amato le chiese in cui sono stato, tanto più erano antiche quanto più mi sentivo meravigliato di ciò che vedevo e volevo andare oltre, ritornare a tempi antichi ad osservare i monaci pregare ed intonare inni sacri nelle scure mattine d'inverno - le chiese sono, almeno per me, il ponte più alto tra presente e passato, perché la tradizione si è perpetrata sin dai tempi più remoti e la vita, in o attorno ad esse, sembra talvolta essersi fermata a quelle epoche di (narrata) profonda spiritualità. Mi affascinano Il settimo sigillo, Il nome della rosa, Andrei Rublev di Tarkovskij, perché nelle loro arti riescono a dare il chiaroscuro di ciò che era quella epoca pur, come già detto, narrativizzandola; così fanno i canti gregoriani o, più in generale, i canti spirituali cristiani (non ho mai avuto occasione di ascoltare canti religiosi non cristiani, purtroppo).
L'ideale della perfezione spirituale, per i saggi del neoplatonismo, che pure si servivano della metaforica dell'armonia musicale per descriverla, è la vibrazione perfettamente afona e silenziosa dell'anima; la musica delle sfere è tipicamente "inudibile" [...] - Pierangelo Sequeri, IL del dicembre 2011

"Non si può ringraziare Dio, come fa la massa, con oggetti materiali, con regali consacrati o sacrifici [...], è meglio farlo con canti di lode e inni, ma senza far percepire le voci normalmente udibili: è meglio infatti far risuonare la musica nello spirito invisibile" - Filone di Alessandria, La piantagione di Noè

Sempre più spesso mi trovo a pensare e ragionare sulla libertà e su dove essa finisca nel caso debba finire, sulle autoimposizioni e sul modo in cui veniamo tacitamente manipolati. Ultimamente ho trovato da più parti la "storia" di una rana (racchiusa in un video significativo) costretta in una pentola piena d'acqua a temperatura ambiente che viene gradualmente riscaldata fino all'ebollizione - ma la rana per via del suo fisiologico meccanismo di termoregolazione (?) non reagisce allo stimolo e finisce per morire senza quasi accorgersene. Nel momento in cui avevo iniziato a scrivere la frase precedente avevo le idee chiare sul perché la volevo inserire, poi ho cercato il video su youtube e mi sono dimenticato la sua reale utilità o quantomeno non mi si presenta più con la stessa intensità narrativa: perché effettivamente due metafore si potrebbero vedere in questa (triste) storia: una in cui noi siamo maestri Zen dediti alla contemplazione malgrado tutto ciò che possa accaderci intorno, che poi è anche un'isomorfismo più forte di ciò che avevo pensato in un primo momento, e un'altra in cui il mondo attorno a noi viene cambiato da qualcuno di cui noi non ci rendiamo conto e altrettanto senza-rendercene-conto veniamo cambiati (nella temperatura per la rana, nelle idee/preferenze per noi) secondo la volontà del suddetto "Superiore". In questo senso, io, molte volte mi sembra di vedere che individui sacrosantissimamente nolenti a seguire le mode finiscono per creare l'aprioristica moda di loro stessi. Tradotto: mi sembra che chi non vuole seguire la moda principale, o si rifugia nel rifiuto totale e continuo della stessa, oppure/e semplicemente aderisce ad altre mode minori - [dovrebbero inventare una parola che sia il negativo di "ambo", tipo "nambo" o robe del genere] nessuna delle due cose significa essere veramente alternativi. "La libertà ai tempi del neo-liberismo", qualsiasi cosa il neo-liberismo sia; uno dei problemi sta nel termine "aprioristico"... perché non ci proviamo, tutti insieme, ad uscire dai luoghi comuni, o quanto meno a domandarci "ma dove sto andando?", sarebbe un ottimo punto di partenza in realtà problematizzare le cose che ci caratterizzano maggiormente, e non solo queste: Hegel stesso, a tal proposito, "Ciò che è noto non è conosciuto", ma essere scettici richiede evidentemente molta più energia (mentale) che non esserlo (non me la sto tirando eh, sono molto meno scettico di taaaaante persone). Ma ecco... quello che si solleva sempre come controrisposta alla questione libertà/multinazionali è che le multinazionali sono il risultato del libero mercato risultato o immagine della nostra propria natura umana, e sapete una cosa CAMBIAMO QUESTA NATURA UMANA, snaturiamoci se questo può aiutarci in qualche modo a essere più liberi (fermo restando che non c'è peggior schiavo, forse, di chi crede di essere libero), la nostra natura (che senso ha, poi, parlare di natura umana, davvero? Solo chi afferma che il matrimonio gay sia contro natura e chi accetta in maniera più o meno acritica l'attuale sistema capitalistico parla esplicitamente di natura umana in questo senso, come qualcosa da cui non distaccarci) sarebbe anche quella di ucciderci a vicenda per sopravvivere (se, ripeto, vogliamo accettare questa fantomatica idea di stato di natura), eppure ci siamo evoluti, abbiamo creato società, città, edifici, stati... Perché non andiamo oltre? L'evoluzione ha portato a - ho cancellato sei o sette volte quello che volevo scrivere qui di seguito perché non trovo una parola adatta per definire tutte queste cose, oggetti e relazioni tra oggetti e persone e relazioni tra persone ecc..., ma, ecco, "mondo" è la parola, ha portato a questo mondo che ora come ora è molto ingiusto (e qui non uso perifrasi che includano alcun forse o magari). Ho anche scritto un programma per definire l'ingiustizia di questo mondo, e qua di seguito lo spiego brevemente:

Niente mi gira il cazzo che wordpress non mi fa caricare file .py e il suo editor di testo online sia una delle cose più brutte mai concepite dalla mente di un web designer o chessoio. Sarebbe interessante se ognuno scrivesse un trattato, qualcosa dal titolo "La mia via al socialismo" "Il mondo come io lo vedo (o lo vorrei vedere)" "Io e Bud Spencer: solo sogni?", in cui si descrivesse il mondo come lo si vorrebbe e si dessero soluzioni sull'etica e sulla morale all'interno dello stato d'appartenenza; nessuno li leggerebbe, ma d'altronde a chi importa del pensiero degli altri -  io sogno un mondo in cui i pedofili vengano aiutati e non stigmatizzati o mandati alla pubblica gogna, non so se mi spiego. Ma ultimamente, più che mai, mi accorgo che la folla inferocita, ma anche sono "la folla" sono io, io appartengo ad essa e non riesco ad emanciparmene per così dire... ho sempre cercato di spiegare che bisogna essere buoni, compassionevoli nell'accezione slava del termine, ma mi accorgo di essere il primo a non comportarmi in questo modo - perché? Perché è il mio carattere forse? Se così fosse tutto il discorso di prima sulla natura umana sarebbe, anch'esso, fuffa; perché non riesco io stesso ad andare oltre, è semplice e doloroso a dirsi, sono le norme della piccola società ovvero la nostra vita a contatto con quelle di chi incontriamo tutti i giorni, ma forse anche con quelle di tutte le persone che seguono gli stessi telegiornali, ascoltano gli stessi comici ma non leggono lo stesso libro (non c'è nessun libro, in questo senso), eppure io non voglio seguire i telegiornali non voglio sentire i loro comici non voglio fare tutto ciò e poi fingere di fronte a me stesso che davvero non è così che la penso. È un discorso più sottile di quanto sia riuscito a spiegare: tante persone non guardano necessariamente i tg seguono gli stessi comici guardano le iene, magari leggono libri (non che ciò sia necessariamente positivo, sia ben chiaro), il punto è che senza accorgersene queste pantomime mediatiche o finto-intellettuali (nel senso stretto del termine, "che concerne l'intelletto", la mente; di intellettuale i libri hanno spesso solo l'aura data loro da belle recensioni o dal numero di copie vendute) tocca anche loro, per passaparola, per influenza indiretta, per quello che volete, perché le idee e la merda girano veloci all'interno di questa società - ecco anche perché bisogna cambiarla. Questo per dire che sono carnefice io come molti altri, che sono molto più primitivo di ciò che pensavo; ma questa situazione dovrà finire. Eppure, non arrendersi più ai facili giudizi, cambierà qualcosa? Tutte le persone, anche quelle buone, danno giudizi, magari meno spesso ma li danno. Cosa cambierebbe? Cambierebbe qualcosa se riuscissi a convincere tante persone, o anche solo il ristretto gruppo di persone con cui esco o con cui parlo più spesso, dovrei insomma andare contro coloro i quali, nascostamente, mi sto scagliando contro in questo post (che frase scema). Cambiare mentalità non è facile tutt'altro, quantopiù se il cambiamento è imposto o non davvero sentito... ma io ci proverò ci proverò a cambiare quantomeno me stesso, diventare qualcun'altro, ad essere nelle cose di tutti i giorni, ma veramente, rivoluzionario.

Come discorso inaugurale, mi pare che basti e avanzi.

PS: questo post è stato iniziato il 5 e finito il 14, le cose nel frattempo sono cambiate, e il desiderio di cambiamento, purtroppo, soppresso (magari momentaneamente) dalle promesse mantenute.