O forse era meglio non dirlo
2019-09-05
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Qualcuno diceva che la storia si ripete due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa - vorrei dare un giudizio originale, un punto di vista nuovo su quello che sta succedendo nei palazzi romani in queste ore e giorni ma come si fa? Se Conte I è stato in buona parte una tragedia, adesso siamo di fronte ad una commedia, dai, molto divertente ma il gioco è bello quando dura poco, dite dove sono le telecamere, dove il sipario rosso, a che ora finisce lo spettacolo.

Conte II, nella sua squadra di governo, annovera Luigi Di Maio come ministro degli esteri. Lo scranno che fu di De Gasperi, di Moro e di Andreotti ora è in mano al trentatreenne Di Maio. Qualcuno forse ricorderà l’infervorato post su facebook in cui paragonava Renzi al noto dittatore venezuelano Pinochet.

Ma sì, infatti, un lapsus ci sta, cosa sarà mai. Poi certo, bisogna essere proprio cattivi per tirar fuori quell’altro post Facebook in cui, da Ministro per lo sviluppo economico, tutto orgoglioso si faceva fotografare insieme al capo delle fazioni estremiste dei Gillet Gialli, uno che, per inciso, voleva un golpe militare per destituire Macron - abbiamo di fronte un fine statista, dunque, che al massimo è un po’ carente nell’ambito delle sottili arti diplomatiche (ma in fondo a che serve la diplomazia se sei Ministro degli Esteri). Eh la maddona, direbbe Pozzetto, messo in croce per una fotografia! Ci sarebbe da dire che per colpa della fotografia la Francia decise di richiamare il proprio ambasciatore - ma non diciamolo.

Cile, Venezuela, Francia - chi è che manca? Ah sì, la Cina di Ping! Il caro leader Di Maio, da sempre in prima linea contro il presunto neo-colonialismo monetario francese in Africa, ha abbracciato le politiche di espansione politico-finanziaria cinesi (per dirla con le parole di Patuanelli, vedi più avanti) firmando entusiasticamente l’ormai celebre memorandum sulla Via della Seta, in cui (tra le altre cose) noi italiani promettevamo “una più stretta collaborazione nei settori di reciproco interesse” - il reciproco interesse che ha fatto finire nella trappola del debito cinese Sri Lanka, Tagikistan, Pakistan, Laos, Kirghizistan e Venezuela, ma questo non diciamolo - e Di Maio disse, tutto orgoglioso, che l’adesione italiana al grande progetto politico-finanziario della Silk Road era “una vittoria del Made in Italy” e un’opportunità “per essere ancora più sovrani” (?!).

Un altro degno compagno di merende di Di Maio sarà il semi-sconosciuto Stefano Patuanelli - onestamente? Non capisco perché sia così poco noto: sembra uno di quei politici di terza serie che vanno nei programmi di discussione politica in onda la mattina su La7, in cui nemmeno i conduttori hanno idea di cosa si sta parlando.

In effetti, si tratta proprio di quel tipo di politico (e di quel tipo di trasmissione); la prima perla di Patuanelli viene proprio da La7:

I deliri sul reddito di cittadinanza, le idee balzane di Casaleggio sul “futuro” e i provvedimenti di una manovra recessiva sono riassunti in questo breve video. Il capogruppo del M5S Patuanelli, davanti a un'incredula @VeroDeRomanis, dice che la produttività è nemica del lavoro. pic.twitter.com/o5UasOAf0E

— Luciano Capone (@lucianocapone) January 22, 2019

La produttività è nemica del lavoro - uno potrebbe dire che non è esattamente il tipo di affermazione che ci si aspetta da un Ministro dello Sviluppo Economico, ma non diciamolo.

Ci può essere sviluppo senza indebitamento? Si potrebbe chiedere qualcuno. Quale che sia la risposta, Patuanelli ha le idee ben chiare sul debito italiano; in un’intervista al Corriere ripresa dal Foglio, dopo la già citata perla secondo cui “la Cina non si muove con modalità colonialiste. È solo un paese in espansione economico-finanziaria”, ci regala quest’altra chicca:

Certamente il debito pubblico italiano ha bisogno di un intervento e poco importa se in aiuto arrivino la Germania, gli Stati Uniti o la Cina.

È di nuovo IlFoglio a suggerire una modesta risposta al, lo ripeto, nuovo Ministro per lo Sviluppo Economico, utilizzando le parole di Mario Draghi:

Indebitarsi eccessivamente riduce la sovranità nazionale di un paese perché l’ultima parola nel giudicare i conti pubblici è affidata ai mercati, istituzioni non elette, fuori dal quadro democratico

Qualcuno potrebbe far leggere queste righe a Patuanelli - ma non facciamogliele leggere.

(mi ero ripromesso di fare un riassunto di questo genere un po’ per tutti i ministri del nuovo governo, ma sarebbe fatica sprecata: tanto avrò tutti i 4 anni rimanenti della legislatura per scriverne, giusto?)

Lasciamo stare allora i ministri minori e riposiamoci un attimo, tipo intervallo al cinema, con questo video in cui Beppe Grillo, sempre rigoroso nei suoi ragionamenti e preciso nelle argomentazioni, ci fa sapere che abbiamo due buchi del culo:

#Contebis #Bisconte pic.twitter.com/CHbLEg5AwZ

— Luciano Capone (@lucianocapone) September 1, 2019

Arriva ora il momento dei due veri pesi massimi di questo nuovo governo. Partiamo da quello più inutile: Zingaretti.

Zingaretti. Fratello del Commissario Montalbano, diplomato in odontotecnica (la matematica non era il suo forte, si racconta (paywall), e ciò traspare ancora oggi nelle sue proposte economiche), iscritto a Lettere ma mai laureato, fin dall’adolscenza attivo nelle organizzazioni giovanili di sinistra. Eletto alla segreteria del PD all’inizio di quest’anno (vittoria causata più dall’interzia e dalla stanchezza dell’elettorato piddino che da un merito vero e proprio), si è trovato a dover obbedire controvoglia ai diktat di Renzi e a cercare un compromesso con i 5S per formare un governo.

Per favore: qualcuno che ha capito che cosa vuole fare Zingaretti mi può mandare una mail? Non voglio sapere per forza una sua proposta di sinistra, mi basta una proposta, una proposta anche solo di buonsenso. Zingaretti nel 2019 è il leader anti-carismatico per eccellenza, simbolo stanco della vecchia sinistra tipo Dalema, uno che presumibilmente non ha mai avuto niente da dire o (che è anche peggio) un’idea che andasse oltre le parole, quelle svuotate di senso e fuori dal tempo del lessico veterocomunista. Per questo è difficile attaccarlo: poverino, fa quasi tenerezza sentirlo parlare a qualche talk-show serale di basso rango, con i giornalisti (anche quelli più vicini alle cause del PD) che devono chiedergli, ripetutamente, Zinga il tuo discorso è bellissimo ma se domani andassi al governo cos’è che faresti concretamente? e allora di nuovo fiumi e fiumi di parole e appelli all’unità e le proposte dal basso e il manifesto programmatico e la piattaforma di condivisione ecc ecc ecc. Voglio dire, basterebbe un semplice boh, si farebbe prima.

Zingaretti ha permesso, anzi, favorito la formazione di questo governo-meme. Dubito fortemente che la storia lo riscatterà: gli orbi che da sinistra festeggiano perché il governo M5S-PD ha scacciato Salvini dal Viminale non si rendono conto 1. che non sarà una manovra di palazzo a far fallire il progetto politico di Salvini e 2. che da questo governo ne trattà giovamento elettorale il M5S (come dimostrano i sondaggi di questi giorni) e non certo il PD.

Credo - e spero, francamente - che con Zingaretti muoia questo PD e si costruiscano nuove alternative: da una parte un partito di sinistra serio e moderno, dall’altra un vero partito liberale tipo LibDem inglesi, di cui l’Italia ha disperato bisogno a parer mio (e rido quando leggo o sento dire che Berlusconi è a capo di un partito liberale, ma porello anche te).

Il gran finale ora, Conte. All’ultimo girone di questo governo infernale ci sta lui, l’avvocato del popolo, il garante del governo del cambiamento, il vicepremier di due vicepremier, scegliete voi come definirlo - io preferisco chiamarlo vigliacco, uomo piccolo piccolo, un indegno rappresentante delle istituzioni italiane. Ma possibile che è bastato un discorso al Senato con due frecciatine a Salvini perché tutti lo rivalutassero? Ma come si è arrivati a considerare questo insignificante professore universitario, uno talmente mediocre da dover truccare e gonfiare il proprio curriculum accademico, come una delle grandi figure di riferimento sia tra i moderati sia tra i grillini?

Conte. Quattordici mesi passati in penombra dei vicepremier, quattordici mesi passati a firmare qualsiasi schifezza di legge passasse per la testa a Salvini, quattordici mesi a firmare divieti di sbarco per i migranti stipati nelle barche delle ONG nel Mediterraneo (e pensare che quando al coglione, in quella ormai famosa sessione del Senato, rinfacciarono questa sua dannata nullità morale si risentì pure) - non sono bastati questi quattordici mesi perché a sinistra ci si rendesse conto del suo essere niente, servo di partito, macchietta.

So che stavolta sarò io a essere smentito dalla storia: Conte verrà ricordato come un presidente decente, ne sono sicuro, perché come tutti i politici che non fanno niente alla fine qualcosa di buono sul loro conto lo si riesce sempre a trovare; eppure nemmeno di Salvini ho una considerazione così bassa. L’ammirazione dell’elettorato nei confronti di soggetti come l’avvocato del popolo è sintomatica di quanto al ribasso stiamo giocando, di quanto basse sono le nostre aspettative nei confronti delle classi dirigenti dei partiti, anche di quelli teoricamente non populisti e moderati. Se nessun partito riesce a fornire leader migliori di Conte, Zingaretti, Di Maio e Salvini, siamo messi davvero male.


Se tra gli infiniti streaming di La7 hai trovato finalmente una proposta di Z. allora perché non mi invii un messaggio elettrico a cvd00 chiocciola insicuri punto net così ne possiamo discutere e magari convenire che no quella sembrava una proposta ma era soltanto un nuovo appello all’unità delle forze di centro sinistra per una piattaforma programmatica di inclusione e giustizia sociale che punti alla creazione di incentivi alla crescita mediante riforme strutturali