My own life - Oliver Sacks
2015-09-01
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Un mese fa, sentivo di essere in buona salute, ottima persino. Ad 81 anni nuoto ancora un miglio al giorno. Ma la mia fortuna si è esaurita - poche settimane fa ho appreso la presenza di metastasi multiple nel fegato. 9 anni fa si scoprì che soffrivo di un raro tumore all'occhio, un melanoma oculare. Le radiazioni e i trattamenti al laser per rimuoverlo finirono per rendermi cieco da un occhio. Ma anche se i melanomi oculari metastatizzano magari nel 50% dei casi, data la particolarità del mio caso la probabilità era molto minore; sono tra gli sfortunati.

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Sono grato per aver avuto garantiti nove anni di buona salute e produttività dalla diagnosi originale, ma ora sono faccia a faccia con la morte. Il cancro occupa un terzo del mio fegato, e per quanto la sua avanzata possa essere rallentata, questo particolare tipo di cancro non può essere fermato.

Dipende da me ora scegliere come trascorrere i mesi che mi rimangono. Devo vivere nel modo più ricco, profondo, produttivo possibile. In ciò mi sostengono le parole di uno tra i miei filosofi preferiti, David Hume, che, appena saputo all'età di 65 anni di essere mortalmente malato, scrisse una breve autobiografia, in un solo giorno, nell'aprile 1776. L'ha intitolata, "My own life".

"Immagino ora un presto disfacimento" scriveva. "Ho sofferto poco per la mia malattia; e ciò che è anche più strano, non ho, a dispetto del declino della mia persona, mai sofferto un momento di abbattimento nel mio spirito. Possiedo lo stesso ardore di sempre nello studio, e la stessa gioia in compagnia.”

Sono stato abbastanza fortunato da vivere più di 80 anni, e i 15 anni assegnatimi oltre i 65 di Hume sono stati egualmente ricchi per lavoro e amore. In questo tempo, ho pubblicato 5 libri e ultimato la mia autobiografia (decisamente più lunga delle poche pagine di Hume) che sarà pubblicata in primavera. Ho diversi altri libri quasi completati.

Hume continuava: "Io... sono un uomo di leggera indole, che controlla l'ira, di una personalità aperta, socievole e gentile, esposto all'affetto ma poco propenso all'inimicizia, e di grande moderazione in tutte le mie passioni.”

Qui io mi distacco da Hume. Pur avendo avuto amori ed amicizie, e non avendo reali inimicizie, non posso dire (né direbbe alcuno vicino a me) che io sia un uomo dall'indole leggera. Al contrario, sono un uomo di veemente ira, con violenti entusiasmi, ed estrema immoderazione in tutte le mie passioni.

E ancora, una riga dal saggio di Hume mi colpisce come estremamente veritiera: "È difficile", scrive, "essere più distaccati dalla vita di quanto lo sia io ora".

Negli ultimi giorni, sono stato capace di vedere la mia vita come dall'alto, come una specie di panorama, con una crescente presa di coscienza delle connessioni tra tutte le sue parti. Questo non significa che io abbia chiuso con la vita.

Al contrario, mi sento profondamente vivo, e voglio e spero nel tempo che mi rimane di rinforzare le mie amicizie, di dire addio a coloro che amo, di scrivere di più, di viaggiare se ne avrò la forza, di raggiungere nuovi livelli di comprensione e conoscenza.

Questo comporterà coraggio, trasparenza e che io parli senza fronzoli; cercherò di sistemare i miei conti con il mondo. Ma ci sarà tempo, anche, per un po' di divertimento (e, anche, per qualche sciocchezza).

Sento un'improvvisa chiarezza di prospettive, e di concentrazione. Non c'è tempo per qualsiasi cosa non essenziale. Devo concentrarmi su me stesso, sul mio lavoro e sui miei amici. Non devo più guardare NewsHour ogni notte, non devo più prestare attenzione alla politica o discutere sul riscaldamento globale.

Questa non è indifferenza, bensì distacco - mi importa ancora profondamente del medioriente, del riscaldamento globale, dell'aumento dell'ineguaglianza, ma queste cose non sono più mie preoccupazioni; appartengono al futuro. Mi rallegro quando incontro giovani di talento - anche quelli che mi hanno fatto biopsie e hanno diagnosticato le mie metastasi. Sento che il futuro è in buone mani.

Sono stato, negli ultimi dieci anni o così, sempre più conscio delle morti presso i miei coetanei. La mia generazione è sulla via d'uscita, e ogni morte l'ho sentita come un improvviso distacco, una separazione da qualche parte di me stesso. Non ci sarà nessuno come noi quando ce ne saremo andati, ma in fondo non esisterà mai nessuno come qualcun altro, mai. Quando le persone muoiono, non possono essere sostituite. Lasciano vuoti che non possono essere riempiti, poiché è il destino - il destino genetico e neurale - di ogni persona essere un individuo unico, scegliere la propria strada, vivere la propria vita, morire la propria morte.

Non posso fingere di essere senza paura. Ma il mio sentimento dominante è quello di gratitudine. Ho amato, e sono stato amato; mi è stato dato molto, e ho dato qualcosa in cambio; ho letto e viaggiato e riflettuto e scritto. Ho avuto un certo rapporto con il mondo, il rapporto speciale di scrittori e lettori.

Soprattutto, sono stato un essere senziente, un animale pensante, su questo bellissimo pianeta, e questo in sé stesso è stato un grandissimo privilegio e una grandissima avventura.


 

Oliver Sacks, passato il 30 agosto, sul NYT del 19/2/2015. La traduzione è mia, ci potrebbero essere degli errori: qui l'originale.