Mors orbis terrarum - Szürkület 1990
2014-04-14
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Siccome ultimamente per la prima volta ho diverse cose da fare e non ho davvero il tempo per farle (esempio? capire il programma di generazione di immagini casuali in python, riscrivere decentemente il mio nuovo racconto di Virgilio, andare in biblioteca a chiedere Altri Libertini che ho IMPRUDENTEMENTE lasciato su un tavolo in biblioteca e poi è scomparso nelle grinfie della vecchietta che ritira i libri e li porta Diosolosadove, leggere Flatlandia, Mille Splendidi Soli (per la scuola, chiaramente), respirare, studiare russo ed evitare di fare altre assenze, vedere Szürkület anche se ammetto che un po' mi annoìna, avere qualche idea interessante su qualsiasi argomento e insomma queste cose), non c'è da stupirsi se non aggiorno più questo blog molto spesso; aldilà di ciò che può sembrare scrivere un articolo lontanamente decente mi impiega un sabato sera (DIO MIO È GIà PASQUA CHE COGLIONI) e aggiungo che vorrei leggere per bene Aspettando Godot di Beckett e scoprire quella ragazza carina di prima psico che mi ha fatto sbagliare un semplice salto da uno e trenta (commento del giorno: "Ah ma in pratica voi saltate come quello lì, piccoletto... [indicando il Dadda]", è anche per questo che penso di amarti). Non parliamo poi dei flussi di coscienza che credo non farò mai più (anche se mi ero ripromesso la stessa cosa tempo fa e poi è uscita quella cosa incredibile di 8000 parole senza punteggiatura che ho scoperto essere più lungo di tutti i flussi di coscienza dell'ultimo capitolo dell'Ulisse (ogni volta che pronuncio o scrivo "Ulisse" mi emoziono, a meno che non stia parlando di Ulisse Zonca e allora semplicemente rabbrividisco)). Leggendo queste mie ampie digressioni mi chiedo se non sia meglio elaborare una struttura à la Tractatus di Wittgenstein con le proposizioni tipo

1. Il mondo è tutto ciò che accade. 1.01. Tutto ciò che accade è sempre troppo per i miei gusti. 1.011. L'ideale sarebbe che non ci fosse nulla da fare e io dormissi o mi dedicassi a cose che ritengo interessanti.

2. L'Ulisse, capolavoro di J. Joyce, è il più grande libro mai scritto. 2.1. Lo scetticismo per la proposizione 2 non è contraddittorio ma completamente insensato. 2.2. Così il lettore deve giungere alla lettura dell'Ulisse, come se tutti i libri letti precedentemente al Capolavoro, consigliati da amici, parenti, Giusy e altri, fossero una scala su cui ascendere e alla cui sommità è posto l'Ulisse. 2.21. Le Sue pagine illuminano così: colui che le comprende, infine le riconosce insensate, se è asceso per essere, su esse, oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettar via la scala dopo essere asceso su essa.) Egli deve trascendere quelle pagine: sarà allora che egli vedrà rettamente il mondo della letteratura.

3. Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere.

La Mazzantini mi fa cagare a spruzzo, impalo sempre gente a caso ciaooooo