La mia falsa storia e come dovrebbe finire ma non finirà mai
2014-07-23
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Conobbi Virgilio subito dopo essermi lasciato con la mia prima ragazza seria... in quel periodo ero particolarmente triste e ricordo di aver passato momenti di solitudine davvero terribili di cui non mi va di parlare. Vivevo in un paesino vicino Brescia, avevo appena finito il liceo e decisi di non andare all'università (anche questo ha a che fare con quel particolare periodo); praticamente mi trovavo senza lavoro, era appena iniziata la crisi e le cose stavano iniziando ad andare male anche se non così tanto come poi andarono qualche anno più tardi, non potevo far altro che chiedere in giro se qualcuno prendeva anche per cose di poco conto perché aldilà di tutto in qualche modo volevo essere indipendente dai miei genitori. Fu quindi verso agosto del 2009 che grazie a Ludovico, che era un mio vecchio amico dai tempi delle medie e con il quale avevo passato i momenti più divertenti della mia vita, arrivai a Virgilio. In realtà lo conoscevo di fama, sembrava essere un tipo interessante e anche piuttosto fuori di testa almeno secondo le voci che avevo potuto raccogliere tra i miei conoscenti; Virgilio era nato a Bergamo e aveva frequentato le scuole lì fino alla quinta ginnasio credo e poi era semplicemente uscito e aveva iniziato a lavorare in una piccola libreria vicino a Porta Nuova e scrivendo testi per una radio locale riusciva a mantenersi, ma la sua fama era dovuta a ben'altro, attorno a lui infatti c'erano sempre persone interessanti che, secondo molti, in futuro sarebbero diventati scrittori o grandi intellettuali. Sembrava che lui fosse una calamita per quel genere di persone, non so se mi spiego. Durante uno dei suoi numerosi viaggi aveva fatto una tappa di tre giorni a Brescia e Ludo aveva organizzato un incontro tra noi tre -- lui Virgilio già lo conosceva, anche se non mi ha mai voluto spiegare come era successo. Il primo impatto con Virgilio fu emblematico, era come se non fossimo sulla stessa lunghezza d'onda, non so come dire, non capivo bene ciò che diceva, o meglio capivo perfettamente ma era difficile intuire dove volesse arrivare con i suoi discorsi, qualche volta si interrompevano a metà senza motivo "Eh sì mi ricordo quella volta che stavo andando in pullman da qualche parte e leggevo Joyce e (pausa) amico, secondo me quello che rende tanti poeti mediocri è la loro libertà, più capiscono che possono essere liberi più (pausa) ci facciamo una stizza?" e via discorrendo, credo mi ci sia voluto un po' di tempo per abituarmi ma alla fine siamo diventati amici. Quella sera uscimmo per locali e lo conobbi meglio, il suo modo di parlare iniziava a piacermi; credo che semplicemente avesse tante di quelle cose bellissime da raccontare che doveva per forza lasciarne a metà qualcuna per poterle dire tutte, e in effetti i suoi aneddoti erano moltissimi e a dir la verità molto divertenti. Dopo che ci ubriacammo, ogni volta che apriva bocca io e Ludo ridevamo come matti, e rideva anche lui, e la gente ci guardava male -- era diverso tempo che non mi sentivo così leggero, sicuramente da prima di tutte quelle storie con Anna che poi era la ragazza seria di cui parlavo prima. Uscimmo dal bar e iniziammo a camminare per le strade di Brescia che erano affollatissime. Attorno a noi c'era gente di ogni tipo, mi piaceva quel clima, credo che anche a Ludovico non dispiacesse ma Virgilio -- ah, non l'ho detto, il suo nome ha dietro tutta una sua storia particolarissima e una scommessa dei suoi genitori, sua madre si chiamava Fedra tanto per dire, dicevo, non mi sembrava che Virgilio fosse tanto a suo agio tra quella massa di persone, per cui decidemmo di comune accordo di andare da Ludo che viveva in un monolocale abbastanza lontano dal centro e che saremmo stati lì finché non ci sarebbe passata la sbronza; finimmo in realtà per stare svegli tutta la notte a parlare di argomenti filosofici usando paroloni che non capivamo bene almeno in quella situazione ma che non mancavano di suscitare ilarità: "Ehi sai cosa?" "Cosa?" gli risposi, "Secondo me Aristotele dice un sacco di stronzate, checcazzo, e la sua logica e l’etica e questo e quello, poi alla fine tutti ci hanno letto quello che avevano voglia e vaffanculo, insomma, è non è vero Mat?" e io mi misi a ridere perché non capivo proprio di cosa stava parlando. Andò avanti così davvero per tutta la notte e ci mettemmo a dormire appena le prime luci del sole entrarono dalle finestre e noi tutti eravamo troppo stanchi per non doverci buttar giù per qualche ora. Virgilio e Ludo dormirono fino a tardi presumo, io dopo due ore ero già sveglio e contemplavo la strada deserta fuori dalla casa di Ludo, mentre chiaramente cercavo di gestire il solito mal di testa da risveglio. La Brescia semicentrale ad agosto, lo giuro, era davvero deserta, non passava nessuno in macchina e forse qualche pedone di tanto in tanto ma a parte questo davvero nulla, il vuoto provinciale, erano andati tutti al mare in Emilia o giù al sud. Siccome avevo degli impegni quella mattina alle dieci me n'ero già andato, con la promessa che mi sarei sentito con Ludo e ci saremmo incontrati di nuovo tutti e tre ma alla fine le cose andarono diversamente, Virgilio se n'era andato due giorni dopo e non si sapeva quando sarebbe tornato, Ludo sparì dalla circolazione per un po' e non riuscii più a contattarlo, una faccenda strana ma qualche volta succedeva, spariva per qualche giorno e poi ricompariva sotto casa tua chiedendoti se avevi voglia di andare da qualche parte. Credevo che non avrei più rivisto Virgilio e per due mesi in realtà fu così nel senso che non avevo più sue notizie, e neanche Ludo ne aveva. In quel periodo avevo compiuto il grosso errore di ricominciare ad uscire col mio vecchio giro di amicizie del liceo, quattro cinque miei ex compagni di classe tra cui c'era anche Anna che sembrava essere di nuovo interessata a me; io da lei non volevo nulla però e anzi avrei preferito non vederla mai più da quando erano successe quelle cose ma le nostre amicizie comuni mi costringevano a frequentarla. Alla prima uscita Samuele, che era stato il mio migliore amico per quei cinque anni e che aveva sempre un consiglio giusto per me, mi ripeteva che avevo fatto un errore a lasciarla e che visto il suo interesse avrei fatto una buona cosa uscendo di nuovo con lei, ma io cazzo non volevo più averne a che fare e mi meravigliava che Samu dicesse queste cose, come se due mesi passati senza vedersi gli avessero fatto dimenticare tutte le discussioni, gli scherzi, le stronzate, tutte le cose che si fanno quando si hanno 16-18 anni insomma; capivo che era l'inizio della separazione, e non solo con lui, con tutti quei miei vecchi compagni sentivo già che il feeling che ci aveva caratterizzato tempo prima stava scomparendo e che in pratica non c'era niente da fare. Uscimmo tre volte, alla terza mancò poco che mi mettessi a piangere per quanto io mi sentissi distante da loro e ognuno di loro si sentisse distante dagli altri, era la fine; solo Anna cercava disperatamente di avere un contatto di qualsiasi tipo con me e io tentavo per quanto possibile di starle lontano e di disinteressarmi ma più mi comportavo così più stavo male con me stesso, perché comunque Anna è stata importantissima nella mia adolescenza e tutti sanno che certe cose non si dimenticano. Era arrivato settembre, dopo le prime piogge l'aria aveva ricominciato a raffreddarsi e si sentiva che l'autunno era alle porte; non uscii più con i miei amici del liceo e mai più li rividi; avevo trovato lavoro come barista in un bar in centro a Brescia, e ciò mi permetteva di essere indipendente e di poter pagare l'affitto con regolarità e insomma potevo sentirmi più tranquillo sotto questo aspetto della vita, ma dentro di me avevo una voglia matta di incontrare di nuovo Virgilio -- tra l'altro Ludo non lo sentivo da settimane e incominciai a pensare che fosse morto o si fosse trasferito. In realtà non era solo Virgilio... Avevo moltissima voglia di conoscere gente nuova; era come se una scarica incredibile di elettricità attraversasse costantemente i miei nervi, volevo andare per le strade e salutare person e sconosciute o andare a ballare la sera e magari portarmi a casa qualche bella ragazza volevo farmi nuovi amici e uscire dalla bolla limitante delle conoscenze da liceo, non so se mi spiego. Credo fu anche per questo, oltre ai motivi che avevo detto prima, che non volevo più uscire con Samu, Anna, Teo e gli altri, non mi bastavano più, ora cercavo qualcosa di diverso, volevo smetterla di sentirmi solo e cose di questo tipo, solo che mi rendevo conto che il periodo delle grande amicizie era finito; l'amicizia è una cosa da adolescenti, se si conserva anche dopo bene altrimenti sei fregato - questo era ciò che pensavo all'epoca. Mi trovavo quindi in questa posizione di stallo da cui non sapevo come uscire; credo di aver passato diversi pomeriggi non lavorativi di quelle settimane ubriacandomi da solo a casa, ascoltando bebop come faceva Kerouac quando scriveva On the road e guardando film tedeschi degli anni '20 che mi hanno sempre appassionato nonsobeneperqualemotivo. Poi un giorno mi telefonò Ludo -- era la fine di settembre e mi disse se avevo voglia di fare un giro a Bergamo e dintorni e io dissi cazzo certo che ho voglia e sapevo che andare a Bergamo significava incontrare Virgilio e spassarsela con lui. Qualche giorno prima di partire incontrai casualmente Ludo in centro città e mi disse che sarebbe stato meglio se mi fossi preparato per una trasferta di due tre giorni, così diceva proprio, "trasferta", e che ci sarebbe stata una festa a cui mi sarei sicuramente divertito. Andai prevedibilmente su di giri, tanto che preparai una piccola valigia con dentro anche una giacca quasi elegante (ne indossava una simile Woody Allen in Io ed Annie); aspettai con ansia il tre ottobre, giorno della partenza o della "trasferta" come diceva Ludo; alle quattro del pomeriggio partimmo da casa di Ludo alla volta di Bergamo. Durante il viaggio mi annoiai a morte ed entrai in paranoia, non sapevo dove stavo andando, o meglio non sapevo a cosa stavo andando incontro e in più Ludo da quando era scomparso era, come dire, impenetrabilmente chiuso in sé stesso, come se gli fosse successo qualcosa e allora gli chiesi "Ehi Ludo t'apposto?" e lui mi rispose di sì e non ne parlammo più, nonostante che la mia paranoia non fosse scomparsa. Comunque dopo un'oretta arrivammo alla stazione dei treni di Bergamo, erano le cinque, ed aspettammo Virgilio che arrivò poco dopo. L'effetto non fu come la prima volta, prevedibilmente forse, non avevo più tanta voglia di vederlo. Ci disse che saremmo stati da lui in quei due giorni e per noi chiaramente era ok. Abitava in via Scotti, non molto lontano dalla stazione e vicinissimo al conservatorio. Erano poco più di cinque minuti a piedi. Un vecchio palazzetto uscito dagli anni settanta, ecco cosa sembrava all'esterno casa sua, entrammo, tre rampe di scale e eccoci dentro la casa di Virgilio, un quadro di Hendrix con quei colori sgargianti tipicamente sixties, uno specchio, era particolarmente buia dato che le finestre avevano le tapparelle abbassate, e c'era un gran freddo nonostante non fosse ancora sera. Ci chiudemmo nella sua stanza, letto comodino scrivania e poco più, e discutemmo di com'erano andate le cose in quei due mesi; sembrava quasi che lui e Ludo volessero emarginarmi dalla discussione -- in effetti non è che mi sforzassi molto per intervenire, ho già detto come mi sentivo riguardo tutto ciò e la paranoia sembrava essere stata rimpiazzata dalla noia e basta. A un certo punto però Virgilio disse che c'era una festa a cui voleva ardentemente che partecipassimo anche noi, che c'erano diversi scrittori emergenti e poeti e musicisti e filosofi e insomma gente che avremmo potuto scommettere in futuro sarebbe diventata qualcuno. Non capivo perché volesse che noi partecipassimo, e glielo chiesi, lui rispose semplicemente "Perché no?" e in effetti non c'era alcun motivo per non partecipare, anche se quella non era una risposta e che ci doveva essere qualcos'altro, non necessariamente di negativo. Non indagai oltre, però. Tirò fuori un po' di erba e la fumammo ma non ebbe almeno su di me un buon effetto, mi sentivo sul punto di un crollo nervoso e forse avevo sbagliato a fumare in quel momento. La sera uscimmo e andammo in città alta, che sembrava essere il centro di ritrovo dei giovani bergamaschi ma, come prevedibile, quel giorno per le strade giravano solo gruppi di ragazzini liceali -- pensavo a quanto sarebbe stato brutto che fra qualche anno anche loro si sarebbero divisi e dimenticati per il resto della loro vita -- e qualche vecchia coppia che camminava lenta sul ciotolato; andammo in un posto da dove si vedeva la "città bassa" illuminata nella notte e in realtà non solo quella ma anche i paesini vicini (credo) e rimasi senza fiato perché era una vista davvero stupenda. All'improvviso mi ricordai di quando con Anna andavo al castello di Brescia e passavamo le notti dei nostri giorni insieme lì, abbracciati, a parlare, a baciarci, a guardare le stelle. Eravamo stati insieme due anni, e mentre guardavo i lampioni sul viale principale di Bergamo e le luci delle case accendersi e le luci delle macchine correre veloci sulle strade non potevo far altro che ricordare quei dolcissimi momenti in cui tutto andava bene. Mi sentivo così solo in quel momento.. A quel punto mi chiedevo se Samu, per un'ultima volta, avesse avuto ragione. Mi dissi che al ritorno da Bergamo l'avrei incontrata e poi se fosse cambiato qualcosa tra me e lei... Insomma, sarebbe successo quello che sarebbe successo, ancora non potevo sapere. Cercando di non pensarci più mi diressi verso Ludo e Virgilio che nel frattempo si erano seduti su un vecchio muretto di pietra e guardavano la città dall'alto fumando una sigaretta; parlai il meno possibile fino a che non tornammo a casa verso l'una e dormimmo fino al mattino seguente quando di buon ora decisi di andare a fare un giro da qualche parte. Camminai per il centro della città, senza una meta precisa; entrai in un paio di negozi e vi uscii subito; ero ancora con la testa ad Anna e a quel discorso di Samuele e probabilmente sono stato per un po' troppo sovrappensiero tanto che mi persi in qualche via secondaria: una piccola strada a senso unico costeggiata da macchine e motorini, e tutt'attorno graziose villette in stile liberty e alberi piantati qua e là sul marciapiede. Mi resi conto solo in quel momento che era davvero una bella giornata, il sole splendeva e anche se non faceva troppo caldo in generale non si stava male con addosso una felpa. Mentre tentavo di risalire la strada da cui (credevo) di essere arrivato ebbi un incontro inatteso; mi fermò una ragazza che riconobbi immediatamente essere Maria, un'altra mia compagna del liceo, sapete, la tipica ragazza con la testa fra le nuvole e pazza di vivere che aveva sempre delle teorie illuminanti sul tutto, la vita, l'universo, tutto davvero. Parlavamo moltissimo quando eravamo al liceo e amavo le sue idee; secondo lei la vita era come una festa, se viviamo una volta sola allora bisogna fare tutto ciò che ci è possibile fare e via dicendo, cose che per molti possono sembrare delle cazzate adolescenziali ma contengono verità molto più di certi libri inutili di filosofia --- non che io disdegni la filosofia, ma è fin troppo evidente che certa gente perda tempo su certi argomenti inutili, e il tempo è prezioso perché il tempo è vita e la vita è una sola ecc... Comunque sia Maria mi fermò ed eravamo tipo quanto mi sei mancato quanto tempo e sebbene fosse una di quelle persone con le quali pensavo di aver chiuso non uscendo più con quei miei altri compagni mi accorsi che ero davvero felice di rivederla e che volevo sapere tutto di ciò che aveva fatto in quei (in realtà pochi) mesi. Andammo in un bar e facendo colazione ne parlammo, non era cambiata affatto; era rimasta la distrattona di un tempo, quella ragazza bellissima ma davvero con la testa molto molto lontano da questo mondo. Siccome in certe situazioni, come questa ad esempio, la gente si sente particolarmente incline a confessarsi sperando di ottenere consigli utili, dopo averle raccontato perché mi trovavo a Bergamo le dissi di Anna e di tutto ciò che le girava intorno e lei mi rispose che secondo lei era una cosa troppo artefatta per poter funzionare di nuovo, troppo da telefilm, mi disse che forse sulla faccia della terra non esistono alcun Ross e Rachel che ancora, dopo 10 anni, hanno voglia di amarsi, però - ed era esattamente questo che mi aspettavo da Maria - mi disse che aldilà di tutto ciò dovevo scegliere la strada che mi avrebbe reso felice. Nella mia mente cancellai tutta la prima parte, e tenni solo quest'ultima, "scegli la strada che ti renderà più felice". Quanto amavo Maria. Dopo quel giorno non la rividi più e tutt'ora credo, ovunque sia, che in futuro ci reincontreremo, fosse anche al capo opposto della Terra e solo per un attimo, magari un incrocio di sguardi mentre si attraversa la strada a New York, magari in una vacanza in Irlanda, magari per qualche viaggio di lavoro in India... Tornando a quell'autunno del 2009, Maria mi diede indicazioni per tornare fino a Porta Nuova e così tornai in centro e riuscii ad orientarmi e a tornare nei pressi della casa di Virgilio. Entrai; in sala c'erano lui e Ludovico e un'altra persona che ancora non conoscevo che stavano rollando, Virgilio si alzò e ci presentò tipo "Màrian ti presento Matt e Matt ti presento Marian" e Marian mi disse ciao con un accento marcatamente russo e io salutai e Virgilio mi diede da tirare ma io non avevo voglia dopo quello che era successo il giorno prima ma decisi comunque di restare con loro; scoprì che Marian in realtà veniva dalla Romania e che era dovuto scappare per delle questioni di soldi, se ho capito bene --- mi sono sempre domandato perché la gente decida di trasferirsi in Italia, non è un paese né così ospitale né così ricco. In qualche modo Marian e Virgilio si erano conosciuti e siccome Marian era un calciatore eccelso (al contrario di Virgilio) --- era strano sapere che esistesse qualcosa in cui Virgilio non eccelleva, ecco allora dev'essere scoccata la scintilla, sapete, dev'essere scattato qualcosa tra quei due. Era una bella storia. Ludovico mi disse che ci sarebbe stato anche lui, Marian, l'indomani alla festa. Dopo mangiato ci dirigemmo a un piccolo campetto da calcio e facemmo due tiri; Marian era impressionante col pallone tra i piedi, era talmente bravo che dopo aver scartato me e Virgilio e il portiere Ludovico per non annoiarsi non tirava in porta ma tornava indietro e ci dribblava tutti un'altra volta; ma era una persona notevolissima anche fuori dal campo e nel resto del pomeriggio si dimostrò di una gentilezza incredibile, è difficile da spiegare, era per dirla tutta l'esatto opposto di Virgilio. Quella sera uscimmo e ci ubriacammo, come due mesi prima a Brescia ma stavolta Virgilio sembrava divertirsi sul serio, tanto che trovò una ragazza con la quale poi tornò a casa, lasciando me e Ludo a secco anche se ludo era troppo alterato per poter capire. A un certo punto lo persi di vista e fu il panico, per la seconda volta quel giorno mi ero perso e non sapevo dove andare e inoltre ero ubriaco e non camminavo nemmeno troppo stabilmente e insomma mi sembrava una situazione proprio del cazzo, da cui non sapevo come uscire; sperai che di nuovo comparisse Maria davanti a me e mi mostrasse la strada ma lei non c'era, era da qualche altra parte e questo lo sapevo. Sconsolato, mi appoggiai ad un muro e chiusi gli occhi; non successe proprio nulla, come era prevedibile. Mi misi a chiedere alla gente dov'ero, ma le famiglie con bambini (ci eravamo ubriacati presto, saranno state sì e no le 10) mi evitavano, dei ragazzini ridevano e mi indicavano, e poi le coppiette che vedendomi cercavano di starmi lontano. Alla fine trovai un vecchietto che camminava proteso in avanti, molto lentamente e appoggiandosi ad un bastone, che mi disse dove mi trovavo e mi diede delle vaghe istruzioni per tornare in centro; aveva un sorriso che ispirava fiducia e simpatia immediata, ti saresti subito fidato di uno come lui; avrei voluto fermarmi e offrirgli da bere e ascoltare tutte le sue bellissime storie sulla guerra e su come aveva conosciuto sua moglie che era la ragazza più bella del paese e tutte queste cose stupende che solo gli anziani sanno raccontare adeguatamente ma volevo tornare a casa, quell'ambiente mi era ostile, non mi sentivo affatto a mio agio lì, volevo andarmene. Ringraziai il vecchietto che contraccambiò con inaspettata vivacità e mi avviai verso via Camozzi. "Che serata inutile che ho appena vissuto" pensai. Quando infatti arrivai a casa --- era passata almeno un'ora e ebbi non poche difficoltà ad attraversare la strada, per le condizioni in cui ero - Virgilio era già rientrato, probabilmente con la ragazza con cui l'avevo visto scappare prima, ma Ludo non c'era ancora. Mi buttai sul divano della sala e cercai di addormentarmi tra i rumori e i gemiti che venivano dalla stanza di Virgilio; continuavo a chiedermi cosa diavolo ci facessi lì e perché non ero rimasto a casa, se era valsa la pena di fare questo viaggio e insomma tutte queste questioni esistenziali che ci si chiede dopo una brutta serata. In realtà, sapevo che per quanto male potesse andare erano successe delle cose notevolissime in quei giorni: aver incontrato Maria, per esempio, o aver preso, di nuovo, una decisione circa Anna o, beh, nient'altro in realtà, ma solo perché mancava ancora l'ultimo giorno, il gran finale, la festa che avevo tanto atteso ma che per quei due, lunghissimi giorni in realtà avevo dimenticato; come diavolo era successo? Mi tornarono in mente certe parole che Maria mi aveva detto quando ancora eravamo alle superiori, entrambi irrimediabilmente persi per la vita, che bisogna vivere come se la vita fosse una grandissima festa che non ha né inizio né fine e a cui tutti sono invitati e tutti possono combinarci qualcosa, ma la cosa veramente importante è che tutti si possono divertire ed è questo probabilmente il senso della nostra altrimentinsensata vita, dobbiamo tutti divertirci come se non ci fosse un domani, perché per qualcuno un domani non ci sarà davvero. Mi addormentai, con stampati in mente quei due bellissimi versi di Neil Young It's better to burn out / than to fade away, che a ripensarci ora erano anche le parole che Kurt Cobain aveva usato per lasciare questo mondo, e lì in quel momento era davvero come se fosse così, come se tutto dovesse finire all'improvviso e il tempo rimasto fosse poco, e se è vero quello che dicono che la libertà è come l'aria che solo quando non c'è ci si accorge di quanto sia importante era come se in un lampo avessi realizzato che il tempo qua sulla terra scorre talmente veloce che noi non ce ne accorgiamo nemmeno ma in un momento siamo vecchi e costretti sulle sedie a rotelle a vedere i giovani che sputano per terra che scrivono sui muri oppure che si abbracciano che si amano e si baciano mentre noi dalla finestra di una casa di riposo invidiosi li osserveremo e ricorderemo come tutto fosse bello alla loro età - ma non era quello il momento di pensare a certe cose. La mattina, effettivamente, è stata poi il preludio alla giornata che mi avrebbe cambiato più di tutte. Mi ero svegliato tardi, verso le dieci, e pioveva, e c'era Virgilio che faceva colazione e mangiava dei toast e anche Ludovico che finalmente si era rivisto era lì ed entrambi mi chiesero come andava e dov'ero stato ieri e cose così, poi insomma parlammo della festa e di dove ci saremmo trovati e tutti questi particolari che non ricordo; siccome la festa iniziava alle 6 avevamo in pratica quel frammento di mattina che ci rimaneva e tutto il pomeriggio per fare ciò che volevamo, e ciò mi rese felice perché finalmente potevamo andare in giro come mesi prima Io Ludo e Virgilio e perderci nei nostri diciannove anni come in un racconto di Tondelli - sentii la porta d'ingresso aprirsi e chiudersi, Virgilio mi disse che era una ragazza che era stata con lui la notte ma non disse chi fosse di preciso. Dopo esserci fumati una di quelle "sigarette magiche" come le chiamava quel mio amico di Roma che avevo conosciuto in vacanza a Dublino nel 2006 o 2007 uscimmo e mentre ci stavamo avvicinando a una pizzeria cercai di ricordare il mio discorso in dormi veglia della sera prima e mi sentii strano perché pensavo, se il tempo fosse davvero così poco devo fare in modo che accada qualcosa di enorme che cambi totalmente la mia vita in modo da darle un senso e cose così. Nel pomeriggio ritornammo in città alta passando per una viuzza un po' fuori mano, pioveva ancora, e arrivammo al piccolo piazzale accanto ad un lungo prato in cui c'erano due porte da calcio senza rete, e alcune panchine. Lì si vedevano Bergamo e i suoi sobborghi ma non era più la vista incantevole di qualche giorno fa, il cielo grigio e la pioggia davano l'idea di una città ferma e pietrificata e in cui le persone, silenziose, camminano ombrello in mano per le strade ciotolate della semicentrale. Forse era uno spettacolo deprimente, è vero, ma sorprendentemente mi ci sentivo empaticamente collegato, come se quell'insieme di mura, in quel particolare momento della giornata e dell'anno rappresentasse ciò che stava dentro me, le mie insicurezze per il futuro e il desiderio di cambiare e di diventare qualcun'altro e di lasciarmi dietro tutto a parte Anna che in fondo era l'unica cosa che volevo in quel momento, e me ne resi conto lì in quel momento che davvero, davvero, davvero mi mancava e davvero avrei voluto che fosse lì, con me, soli sotto la pioggia ad osservare il desolato panorama della una città immersa nel grigiore dell'autunno e dello smog. Quanto potevano far male i ricordi? Non riuscivo a dirlo chiaramente a me stesso, ma dentro avevo finalmente capito cosa avrei dovuto fare immediatamente: tornare a Brescia da Anna, infischiarsene dei Ludo e Virgilio, scappare da questa città bellissima ma troppo estranea e tornare nel luogo dei miei affetti, nella casa dei sogni perduti, dovevo rivedere Anna, e dovevo farlo subito. La grande festa, conoscere gente nuova e fantastica, trovare un'altra ragazza, legarmi a quell'immenso Virgilio che tutt'ora ammiro e spassarmela con Ludo, tutte cose che non avevano più senso di fronte al mio amore incomprensibile per Anna. La amavo, come cazzo avevo fatto a non capirlo? L'amavo, e non c'era un secondo da perdere. Corsi dai miei amici allora e dissi loro tutto, un rigurgito di coscienza che sono sicuro li ha lasciati impressionati, e mentre tutto esaltato mi avvicinavo alla conclusione iniziai a temere che potessero prendere male la mia decisione di andarmene, così, senza preavviso, per una ragazza che forse --- ma loro invece capirono e Virgilio ancora prima che terminassi mi sorrise e mi mise una mano sulla spalla e mi disse che dovevo andare e che la mia decisione era quella giusta, e Ludo in realtà mi sembrava un po' intristito dalla notizia ma comunque mi disse che dovevo andare se questo mi avrebbe reso felice ma io in realtà felice lo ero già e pensai a Maria e a ciò che mi aveva detto "scegli la strada che ti renderà felice" e a quanto tutto era incredibilmente chiaro ora e semplicemente indescrivibile perché era proprio così indescrivibile ciò che ho provato in quei momenti e subito dopo quando di corsa sotto la pioggerellina io e Ludo e Virgilio come dei pazzi ci siamo messi a correre andando a comprare un biglietto per il primo treno per Brescia e io quasi piangevo mentre in stazione Ludo mi stava vicino e Virgilio soddisfatto fumava una sigaretta appoggiato ad un pilone e quando è arrivato il treno l'abbraccio che noi tre migliori amici per pochi giorni ci siamo dati è stato immenso e Virgilio che mi diceva che tutto sarebbe andato bene e Ludo che ci scommetto avrebbe voluto venire anche lui a godersi la scena e io che li stringevo forte e tremavo perché è così e non c'è un perché e ci salutiamo con un ciao che sapeva più di addio e il viaggio in un treno che è affollatissimo ma va bene così perché in fondo non me ne fregava nulla davvero di tutto quel casino e appena scendo a Brescia prendo un pullman e vado quasi in periferia e scendo lungo quella strada dove abita Anna e solo lì mi rendo conto che si era fatta sera e l'aria tersa e fresca e le nuvole che se ne sono andate lasciando spazio a poche fioche stelle che si stagliavano nel cielo blu scuro delle notti d'autunno nella pianura padana e insomma sì è rimasto tutto lo stesso la sua casa in fondo alla via e il terzo lampione a destra che va ad intermittenza e dopo aver pensato a tutto questo percorro il marciapiede e tutt'intorno a me silenzio assurdo e luci che dalle villette si accendono e pesto una pozzanghera ma non me ne importa perché ormai sono a casa sua e apro il cancelletto ed ecco la sua porta e ora in pratica non mi rimane che suonarle e aspettare che venga ad aprire a chiedere chi è e appena la vedo stringerla a me e baciarla e raccontarle tutto e in lacrime dirle quanto mi era mancata e quanto--- Suonai, e lei aprì.

L’aria silenziosa, la luna che ci illuminava;

 

eravamo di nuovo noi.