Close to the Edge - Recensione!
2011-01-26
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Anno 1972:  il Prog imperversa per tutta Europa:  gli ELP hanno appena pubblicato Trilogy, i Genesis Foxtrot e la PFM sfonda in Inghilterra con Storia di un Minuto. E gli Yes? Gli Yes sfornano il loro (secondo alcuni) migliore album: Close to the Edge. La formazione si era appena stabilizzata, con l'arrivo di Wakeman alle tastiere; inaspettatamente, però, il batterista lascierà la formazione subito dopo le registrazioni di questa opera. Opera, esatto, questo non è un album scritto "a casaccio": è un dramma! In tre atti! Eheh!

Partiamo allora, come è consuetudine, dalla copertina: tolto l'immancabile strato di plastica che avvolge il CD (*°#!), si può notare che la copertina, anticonformandosi alle mode del tempo, è semplicissima: una sfumatura verde-nero con il titolo scritto nel tipico font degli Yes.

Inserisco il cd, metto le cuffie e... si sentono rumori naturali. "Orpo!" penso tra me e me. "Speravo fosse un album più movimentato!". In effetti, avevo ragione: parte il suono di una chitarra lievemente distorta, di un basso sonante, di una batteria tuonante, di un synth roboante! Poi, improvvisamente, si sente:

Ohh!

E la musica torna come prima. Ecco un tipico esempio degli intrecci vocali della band. Se vi piacciono musiche del genere, ascoltate anche Gentle Giant o anche... i Queen! Tornando al discorso; questa sequenza si ripete 2 volte, poi parte una parte molto più calma, a tratti più melodica, in cui domina sempre la chitarra di Howe. Passano i minuti e, senza (quasi) accorgersene si passa alla 2a parte in cui domina l'organo a canne di Wakeman; sicuramente, la parte più solenne e maestosa dell'album. La 3a parte, praticamente anche la 4a,  invece, è una specie di sezione auto-celebrativa del virtuosismo chitarristico e tastieristico. Questa 'sfida' non può far altro che giovare alla bellezza di questa traccia e contribuisce a renderla, in qualche modo, magica.Passando al secondo lato troviamo solamente due brani:

Una traccia che personalmente non mi è piaciuta molto, ma che vale la pena ascoltare. Il brano in cui la chitarra fa da padrone per una buona parte del brano. Poi, però, Wakeman si accorge che Howe gli sta rubando il lavoro e così ci piazza anche lui un'improvvisazione al sinth. Come si potrebbe intuire dal nome, questa è una canzone con delle rilevanti "infiltrazioni" di elementi non comuni nella musica tonale occidentale. Ovvero, si aggiungono scale, accordi, melodie derivanti dalla cultura orientale. Introduzione sublime, buon intermezzo, orribile chiusura: come opinione personalissima, il fade out era decisamente da evitare.

Considerazioni sui componenti del gruppo:

Jon Anderson: voce dal timbro inconfondibile, in gran forma in questo album!

Steve Howe:  suona in modo impeccabile le proprie parti, grande!

Rick Wakeman: è un po'  "oscurato", ma avrà modo di recuperare nel successivo!

Chris Squire: il basso viene finalmente fatto emergere e lui ne è l'esempio!

Bill Bruford: Forse è l'unico componente che non mi è molto piaciuto, peccato...

Considerazioni finali!

Copertina: 7 1/2

Musica generale: 8 1/2

Musica 'singola': 8 -

Abilità strumentale: 8 1/2 +

Media matematica: 8, 15

Voto personale, inequivocabile ecc ecc... : 8 -