1Q84
2017-07-14
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È un po' che ho iniziato a leggere il grande romanzo in tre volumi 1Q84, autore Haruki Murakami - ho letteralmente (no ok, non "letteralmente" ma ci siamo capiti) divorato i primi due libri e ora sono a un terzo del terzo e dal punto di vista parziale che ho mi sembra che l'intera storia sia tipo wow!, anche se devo dirlo ha avuto dei momenti non proprio brillanti. La scrittura di HM, o comunque la traduzione di Giorgio Amitrano, scorre quasi sempre in maniera scorrevole, non so se mi spiego, scorre liscia come l'olio, è come se fossi in cima a una collina pronto a scendere a velocità ultraluminali giù per uno scivolo che in realtà è solo un lungo foglio di plastica abbastanza spessa su cui è stato cosparso del sapone liquido, solo che qui sei al sicuro a casa o sul terrazzo di casa steso sulla sdraio estiva sotto il sole a sfogliare pagina dopo pagina 1Q84 con grande serenità e non nel Wisconsis insieme ai tuoi amici neckbeard che ti riprendono mentre sfrecci a 62 miglia orarie giù per le grandi colline wisconsiane. Non voglio parlare troppo della storia, perché per riuscire ad invogliare qualcuno a leggere questi libri ne dovrei spoilerare almeno le prime 400 pagine (aka tutto il primo libro), cosa che in realtà boh ne vale la pena? Secondo me no; in ogni caso, questo lo posso tranquillamente dire anche a chi non ha mai iniziato questo libro, 1Q84 racconta due storie, due storie che non sono parallele né intrecciate né niente tra di loro: sono due storie di due persone, un uomo e una donna sulla trentina, dove lei è una ucciditrice che forse è seriale mentre lui è un pacato scrittore abitudinario, uno di quelli che probabilmente ogni giorno legge la targhetta dell'ascensore, qual è la capienza, quanti chili porta, poi si chiude la porta e non se lo ricorda già più. Fine. Cioè: ovviamente non è la fine del libro, è la trama raccontata fino ad un punto in cui non ci sono spoilers troppo in là nelle pagine, però vedete? Non è che sia una descrizione che invoglia a leggerlo, anzi è abbastanza penosa - quindi: leggetelo e mi direte cosa ne pensate.

Di HM ho letto e riletto Norwegian Wood (sempre tradotto dall'amichevole Giorgio Amitrano) e mi era piaciuto la prima volta che era quattro o forse cinque anni fa e mi è piaciuto dieci volte tanto l'ultima volta che è stata qualche mese fa: e devo essere sincero: non capisco tanto l'atteggiamento di HM nei confronti di questi libri: nelle interviste lui è ben conscio che la sua produzione sia da dividere in due filoni per così dire, quello del realismo e quello del surrealismo (almeno così li definisce lui stesso in qualche intervista), e sembra che gli piacciano di più i suoi lavori di quest'ultimo genere; ora, su 1Q84 può esserci qualche difficoltà nell'inquadrarlo chiaramente in una di queste due categorie, ma su NW non ci sono dubbi che sia un'opera realista, probabilmente la migliore di HM, sicuramente la più nota al pubblico, e non si capisce insomma: gli piace? non gli piace? gli piace che abbia avuto così successo? gli piace ma pensa che non meriti più successo di {altra opera di HM}? Non che sia una domanda poi così importante chiariamoci, ma per qualche motivo mi viene in mente spesso pensando a NW. È come quando ascolti i primi dischi di qualche vecchia band e dici wow ma questa è roba forte e poi per caso leggi un'intervista più recente di uno dei musicisti di quella band a cui gli chiedono "Qual è il tuo disco preferito con gli {nome band}? E quale ti piace meno?" e tu sei lì che dici cazzo non dire {nome dell'album} non lo dire e lui però lo dice, "Mah il mio album preferito è {album che fa cagare} e quello che proprio non mi piace è {nome dell'album} perché è troppo ghnblisi capisci bro"; e dopo non riesci più ad ascoltare quell'album come prima, o comunque ti poni delle domande, metti in discussione i tuoi gusti che fino ad allora erano sempre stati ferrei e immutabili e convinti insomma.

Per caso mi sono imbattuto nelle recensioni fatte dagli utenti di Anobii.com o qualcosa del genere su Norwegian Wood e sono esilaranti.  Alcuni esempi:

"Togliessimo il sesso, di questo libro rimarrebbe il 50% della trama."
Questa mi ha fatto morire, ma che libro ha letto? È ovvio che c'è del SESSO (oooooooh ha detto la parola che inizia con la esse!!!!!!! paurinaaaaaa) in una storia di adolescenti, peraltro ambientata negli anni limitrofi al 1968. Cos'è, solo perché sono giapponesi allora non scopano? Perché gli asiatici non scopano come gli europei, non ho capito? Ma poi fosse vero: sembra che il 50% della trama sia pornografia, ripeto ma che libro ha letto questo/a qua?
"Alla fine diventa un tiro a segno, tra scommettere "Con questa ci andrà a letto?" e "Questo quanto regge prima di suicidarsi?""
[spoiler title='Sesso #2' style='blue' collapse_link='true']Così a memoria: Watanabe va a letto con tre ragazze/donne che sono personaggi primari nella storia, più qualche avventura di una notte che prenderanno si e no qualche pagina in tutto il libro. A suicidarsi sono due personaggi principali (ovviamente), più non ricordo ora se ce ne sono altri ma non credo. 3 scopate importanti + qualcuna meno importante + 2 suicidi / 400 pagine = tiro a segno?  [/spoiler]
"E poi il suicidio. Uno dietro l'altro, senza apparenti ragioni."
[spoiler title='Lunga invettiva contro il capitalismo' style='blue' collapse_link='true']AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRGHHHH[/spoiler]
"Lento, ripetitivo e prevedibile"
Su questo non ho niente da dire: nel senso che non sono d'accordo ma ci sta che uno la pensi così. Però mi interessava vedere cosa leggesse quest* utente che così, lapidari*, liquida Norwegian Wood appioppandogli solo due stelline. Ora, non ho voglia di fare gli screen ritagliarli caricarli eccetera, basti solo sapere che quest* utente ha dato due stelle ad Aspettando Godot di Beckett, tre stelle a "La Bella Addormentata In Quel Posto" di Luciana Littizzetto, quattro stelle a La Solitudine Dei Numeri Primi, cinque stelle a Io Prima Di Te. Lo so lo so questo è un caso da manuale di attacco ad personam, fallacia logica e bla bla ma quando la recensione che fai di un libro è di letteralmente 4 parole a qualcosa bisogna pur appigliarsi, non so se mi spiego. Comunque.

C'è sempre un po' di nostalgia quando qualcosa finisce - questo è quello che mi sono sempre ripetuto da che ho scoperto l'amore per la prima volta (alle elementari), ma oggi ho scoperto che non è vero. Vorrei fosse così, ma non provo nulla. La mia situazione è più o meno questa: due si vogliono bene per tanto tempo e però piano piano uno dei due finisce a disinnamorarsi dell'altro e quando arriva "il momento di parlare" a soffrire per davvero è una persona sola. O allo stesso modo: quando una persona a te cara muore dopo una lunga e dolorosa malattia; voglio dire, ti dispiace, magari c'è anche tanto rammarico per le cose che non si potranno fare mai più, ma le lacrime non escono e anzi pensi che era ora che arrivasse il momento in cui le sofferenze finiscono. E allora non provi niente. Niente. E non provo niente, io, ora, se non proprio il rammarico per le cose che non si potranno fare mai più - con la differenza ok che a grandi linee l'unica cosa irrimediabile è la morte, e nella mia storia non muore nessuno. Ma come diceva San Doroteo di Gaza detto "l'eremita" già nel VI secolo, "è possibile intravedere la calda luce di Dio persino nei momenti più bui" [1], che per me suona come uno spronaggio al cercare di cavare il meglio anche dalle situazioni peggiori - ed è quello che dovrei fare e vorrei fare, ma ho paura, come sempre paura di fallire - solo a pensarci già mi rendo conto che è assurdo avere questa paura: ho un po' di difetti e di problemi, come tutti; ma do così tanto peso a questi difetti e a questi problemi che ogni volta che mi guardo penso a quanto sono incapace e a quanto non ce la farò mai, ed è un non ce la farò mai generico, che vale un po' per tutte le cose un po' difficili della vita. E questo mi blocca. La cosa che mi fa arrabbiare di più è che non riesco a farmi capire, cioè è assurdo lo so ma mi sembra di non riuscire mai a spiegare fino in fondo quello che intendo, con le parole giuste, non riesco ad essere chiaro e forse è perché come diceva il mio professore di filosofia preferito "se scrivi male pensi male", solo che al posto dello scrivere per me c'è il parlare, grande è la confusione nella mia testa la situazione fa un po' schifino. Dopo aver parlato con qualcuno ho sempre la sensazione di aver tralasciato qualcosa, di essere stato frainteso, di non aver detto completamente e senza remore quello che penso, in pratica di non essermi spiegato. Naoko, in NW, aveva lo stesso problema, tant'è che i suoi discorsi sembravano musiche di Steve Reich.

Stasera ho fatto una cosa carina: ho preso la foto di un gatto di Reddit, l'ho data in pasto ad Audacity come se fosse un file audio e vi ho applicato effetti tipo wahwah phaser riverbero (spoiler: il riverbero è fighissimo) ecc ed ecco i risultati:

gatto
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[1] Questa citazione l'ho trovata in un libro che avevo noleggiato in biblioteca e che ora non trovo più, si intitola I monaci di Gaza, storie di spiritualità monastica scritto da un francese o forse da un belga, me l'ero segnata perché nella sua banalità riassume un concetto che probabilmente all'epoca mi aveva preso per via delle circostanze, probabilmente. Se qualcuno ha notizie di questo libro, mi faccia sapere.